Maurizio Biancarelli_ L'immagine raccontata: Il tambureggiamento del picchio



L’inverno sta per finire e la primavera è ormai alle porte. La natura, lentamente, si risveglia dal letargo nel quale è stata immersa nella stagione fredda e nei boschi, nelle giornate più tiepide, gli uccelli cominciano a far sentire la loro voce. 
Uno dei suoni più misteriosi ed intriganti è il tambureggiamento dei picchi. Un rumore secco e ritmato, simile a quello prodotto da un tamburo  ripetutamente percosso che si ode distinto, anche da lontano, mentre rimbalza di tronco in tronco tra gli alberi della foresta.
E’ un segnale di avvertimento: il picchio lo produce colpendo freneticamente un ramo col becco robusto per delimitare il proprio territorio, per avvertire cioè i competitori di starsene alla larga. 
Il messaggio è di importanza cruciale, perciò l’uccello sceglie con cura il ramo secco da utilizzare, ne vuole uno che abbia tutte le caratteristiche giuste. 
Questo è quanto avviene di solito, ma, come si sa, la natura è piena di sorprese. Sorpreso e divertito sono rimasto quando, nel corso di una escursione fotografica in Valnerina per L’Altroversante, ho trovato questo picchio rosso maggiore che tambureggiava con grande lena non su un banale ramo secco, ma sulla lamiera di un lampione che svettava sul bordo della strada, vicino ad un bosco e a un gruppetto di case abbarbicate sul pendio della montagna. 
Evidentemente l’uccello aveva deciso che le qualità acustiche di questo nuovo mezzo, così a portata di ala, fossero ben superiori a quanto la natura era in grado di offrire. E in effetti come dargli torto: il suono prodotto era assai netto e si diffondeva cristallino nell’aria immobile di quel mattino sereno, a grande velocità. La scatola metallica del lampione si dimostrava un’ottima cassa di risonanza.
Abbiamo la tendenza a creare limiti netti tra l’artificiale e il naturale, tra urbano/umano e naturale/selvatico, ma questi confini si rivelano il più delle volte immaginari. Ce lo dimostra il picchio rosso sul lampione, come anche tutta la schiera di creature selvatiche che decidono di vivere nelle nostre città: volpi, falchi pellegrini, gabbiani, storni... L’elenco è nutrito e potrebbe diventare ancora più lungo, sarebbe sufficiente un  pizzico in più di tolleranza da parte nostra e un ambiente urbano reso più vivibile.