Bruno D'Amicis - L'immagine raccontata: l'eredità di una visione, Val Camonica, Lombardia.



















Come mia prima missione per "l'Altro Versante" prevista nel 2016 ho scelto di esplorare la Val Camonica, in Lombardia, per concentrarmi sulle sue montagne e soprattutto sulle sue celebri incisioni rupestri. 


Alcune migliaia di meravigliose incisioni, infatti, databili tra i 7000 e i 2000 anni di età decorano molti dei lucidi massi di verrucano lombardo che affiorano qua e là dal terreno in questa enclave delle Alpi Centrali. Figure astratte o nettamente antropomorfe, misteriose geometrie, momenti della vita quotidiana e sacra della popolazione che ha abitato queste zone per millenni e tante scene di caccia e rappresentazioni della fauna locale sono di fatto gli elementi più ricorrenti in questa straordinaria galleria all'aperto di arte rupestre. E' ovvio che l'occhio del naturalista viene immediatamente rapito dalla bellezza, dall'immediatezza e la fantasia delle rappresentazioni animali. I cervi, sopratutto, sembrano occupare un posto di prim'ordine nell'immaginario di questi artisti preistorici. Le linee poco profonde, graffiate o martellate sulla roccia, sono pressoché invisibili all'ombra e restano silenti per gran parte della giornata. Quando però sono raggiunte dalla luce giusta, e vengono appena colpite di taglio da questa è come se si accendessero... I contrasti si fanno più forti e le ombre più nette: le figure sembrano saltare fuori dalla roccia e assumere un volume proprio. C'é da restare sgomenti di fronte a cotanta "maraviglia". Esempi superbi di queste raffigurazioni si trovano soprattutto nei dintorni della cittadina di Capo di Ponte (BS) graziosamente incastrata nella valle del fiume Oglio, tra i monti "sacri" del Pizzo Badile e della Concarena. Ai piedi della severa parete calcarea di quest'ultima il Parco Nazionale di Naquane e quello dei Massi di Cemmo. Proprio su questi ultimi due si rinvengono alcune delle rappresentazioni zoomorfe più impressionanti. Serie ripetute di cervi, stambecchi, cinghiali di squisita fattura decorano una faccia di un masso gigantesco che si pensa sia precipitato tanto tempo fa dalla falesia soprastante.

La luce per riuscire a fotografare questi animali silenziosi però è una chimera. Per non più di quindici, venti minuti al giorno il sole sembra colpire questo lato del masso ad un angolo tale da poter mettere in risalto le figure animali. Ma il risultato sembra piuttosto scadente. Per non parlare del contesto: pali, recinzioni, lampioni e case non aiutano certo ad evocare la potenza assoluta di questi segni sulla roccia e l'importanza del paesaggio in cui sono state collocate. E, poi, la sacra Concarena, montagna "femmina" per i Camuni, nonostante la sua mole impressionante, svanisce nella foschia delle ore diurne. Come fare allora? Come riuscire a mettere in risalto queste figure, dando anche giustizia al contesto ambientale in cui sono state concepite e, soprattutto, al modo in cui forse andrebbero osservate?

Beh, c'è voluta un po' di fantasia e pazienza, una scaletta di legno, un buon treppiedi, un'obbiettivo decentrabile, una lampada a LED con una gelatina calda, l'ora blu, venti secondi di esposizione e... un'autorizzazione straordinaria della Sovrintendenza Archeologica della Regione Lombardia che ci ha concesso di lavorare anche dopo l'orario di chiusura! Fatti tutti i preparativi, in collaborazione con l'Agenzia Turistica Culturale di Capo di Ponte e l'aiuto di un grande fotografo e amico, Andrea Zampatti, compagno di avventure in questa missione, nonché "coautore" di queste foto, ho provato ad immedesimarmi nei contemporanei di questo artista e di ereditarne la visione, immaginando come sarebbe potuto apparire questo masso straordinario alla luce di un focolare, una notte di inverno di tanti tanti anni fa...