Luciano Gaudenzio - L'immagine raccontata: Marmolada, un gigante che soffre, Viel del Pan, Trentino

La Marmolada e il suo ghiacciaio  - Luglio 2015

"....Quest'anno la Marmolada è più debole del solito......vedete quelle enormi placche che spiccano, di ghiaccio vivo, quasi azzurro? non si dovrebbero vedere, la neve dovrebbe ammantarle anche in questa stagione..."

Accompagnato da queste parole e dal vento che soffia forte dalla vallata sottostante alla catena del Padon, volgo le spalle al gestore del Rifugio Viel del Pan e cerco di trovare qualche composizione interessante dell'imponente massiccio che ho dinanzi.
Il rifugio è un meraviglioso balcone panoramico sul ghiacciaio e si raggiunge in poco tempo e dislivello dal Passo Pordoi. Sono assieme a Maurizio Biancarelli e al fotografo trentino Daniele Lira che ci ha accompagnato in quasi tutte le missioni realizzate in Trentino.
Un giorno sostanzialmente di riposo, questo al rifugio, reduci da lunghi e faticosi trekking nel vicino gruppo del Catinaccio. Giornate più impegnative ci aspetteranno.
Questi momenti di contemplazione e riflessione sono impagabili: ci avvicinano alla Natura e alle forze che la dominano in modo lento, dandoci il tempo di pensare, ammirare, preoccuparci.
I ghiacciai stanno soffrendo, sono vistosamente ammalati, alcuni stanno scomparendo proprio sotto i nostri occhi. Come quello vicino della Fradusta, nel Gruppo delle Pale di San Martino. I glaciologi parlano sommessamente della sua ultima estate.
Non solo animali, ma anche ghiacciai, in estinzione. Purtroppo non sarà l'ultimo. Il temuto innalzamento del clima dovuto all'irresponsabile comportamento umano sta proprio causando questi devastanti effetti e poco importa ci siano gli ottimisti a dichiarare che le fasi di recessione dei ghiacci da sempre si ripetono e che presto ci sarà un'altra piccola era glaciale.
Nonostante le convinzioni opposte e discordanti, pessimiste e no, i dubbi rimangono.
Come fotografi, come semplici osservatori della Natura, non ci rimane altro che documentare, testimoniare ciò che fu e che forse in futuro, non riusciremo più a contemplare.

Bruno D'Amicis - Splendide giornate d'autunno nel Lagorai occidentale, Trentino


Rujoch, Kreuzspitz, Fregasoga, Sasso Rotto, Slimberg… tanti, troppi nomi, sì evocativi ma che si affollano rapidamente nella mia testa man mano che essi vengono snocciolati dalla mia guida, il grande Daniele Lira, fotografo e alpinista trentino. Ho già paura di dimenticarli mentre questi mi indica con la mano le cime che coronano un paesaggio incantato. Le montagne sono già azzurre di neve, in contrasto con il giallo-oro dei larici. Più in basso, sui versanti boscati delle valli, anche i colori vivaci dei sorbi, castagni e ciliegi portano i vessilli dell’autunno, tradendo il verde austero dei pecci. Qua e là radure verdissime circondano masi e malghe di montagne. Un’armonia di luci e colori di rara bellezza. Siamo sull’uscio della Malga Pez e davanti a noi si apre la splendida Valle dei Mocheni, terra incognita di una comunità alloglotta che parla una lingua di origini germaniche e conserva tradizioni e folklore unici ed antichissimi. Con noi anche Marco Rossitti, il regista de L’Altro Versante TV ed il cine-operatore Giulio Squarci. Anche se un'aria nebbiosa permea la valle, le previsioni meteo sono ottimistiche e non vediamo l'ora di esplorare i dintorni.
  

Dopo la missione primaverile, noi di AV siamo infatti voluti tornare nel massiccio del Lagorai, stavolta in veste autunnale, per scoprirne la porzione occidentale a partire dai dintorni di Baselga di Piné. Obiettivi di questa nuova missione trentina l'Altopiano di Piné, la Valle dei Mocheni, appunto, e le piramidi di terra di Segonzano. Anche questa volta siamo ospiti di Trentino Marketing e dell'APT di Baselga di Piné.

 

Le piramidi di terra di Segonzano sono degli improbabili funghi di argilla. Colonne di terra che emergono dal bosco. Come sottili funghi sbeffeggiano la gravità trattenendo dei grossi massi in cima. Sembrano di origine extraterrestri ma non sono stati gli alieni a crearle. I ghiacciai, ritirandosi infatti hanno lasciato dietro di se abbondanti depositi morenici. Questi, in seguito, erosi dall'acqua e dalle intemperie hanno dato vita a queste strutture bizzare all'apparenza fragili, in constante deterioramento. Non è facile fotografare le piramidi di terra. Sporgendosi dai parapetti del percorso turistico si rischia davvero di brutto, camminando sui bordi franosi. Mentre rimanendo indietro si perdono le dimensioni delle piramidi. Difficile decidersi... La soluzione viene da Daniele che, esperta guida alpina, si offre di assicurarmi con delle corde permettendomi di muovermi con maggiore serenità per effettuare gli scatti. E la prospettiva del picchio muraiolo porta parecchi vantaggi.

Dopo le immagini a “bassa quota” decidiamo di onorare le cime di queste montagne e salire sopra i 2,000 metri. Saliremo al tramonto al lago Erdemolo, per fotografare la catena del Sasso Rotto e l'alta valle dei Mocheni. Mentre, l'indomani entreremo nella misteriosa Val Mattio, al cospetto del Kreuzspitz.


Il cammino per il lago Erdemolo è dolce e si svolge nella cornice straordinaria del lariceto autunnale. I colori vanno dal verde chiaro al rosso spento, passando per tutte le tonalità immaginabili di oro. Mi piace come gli alberi staccano contro il blu dei versanti innevati e ormai in ombra. Dopo due ore di sudato cammino, finalmente siamo in cresta. Davanti a noi splendida la catena del Brenta e tanti altri massicci montuosi. Mi concentro sul di un larice secolare cresciuto abbarbicato su delle rocce e aspetto che il sole vi tramonti dietro. Cerco di dare giustizia a questo monumento della natura, scattando centinaia di immagini che mi appaiono ieratiche ed evocative. Siamo fortunati perché c'è ancora tanta luce sia diretta che in controluce. L'ultima mezz'ora del giorno è la più intensa, come sempre, e rapidamente accumuliamo tante immagini nelle schede di memoria. In particolare, ricordo bellissimi colori vermigli su Monte Baldo e il Bondone a distanza, nonché i larici sotto di noi che si accendono di "luce propria".


L'indomani siamo diretti alla val Mattio, accessibile dopo una lunga sterrata in auto. Risaliamo a piedi al cospetto del monte Fregasoga già illuminato mentre incrociamo tante tracce di animali impresse sulla neve. Queste tradiscono un intenso “traffico” notturno di lepri, caprioli, volpi, martore. Fa freddo e l'erba è ben ricoperta di brina, mentre i ruscelli hanno le rive gelate. 
Fa piacere uscire dalla volta degli alberi e scaldarsi al sole. La testata della valle Mattio sotto il Kreuzspitz o Monte Croce in questa mattina limpida ricorda i paesaggi dell’ovest americano. Scene tratte da film come “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo" con Robert Redford, o qualcosa di John Ford. Mi piacerebbe avere una capanna e un camino acceso dove trascorrere l'inverno in solitudine, immerso tra libri e odore di abeti. C'è grande silenzio nella valle, interrotto a tratti dai versi rauchi delle nocciolaie e quelli metallici delle cince bigie alpestri. 

Ancora una volta si ritorna a casa con la sensazione di aver visto troppo poco di questa terra straordinaria. Forte è il desiderio di tornare ancora, ma ci sono così tante missioni da svolgere per questo progetto! Forse per completare davvero l'Altro Versante non basterebbero due vite, altro che tre anni! 

Bruno D'Amicis - L'immagine raccontata - Nero gioiello



Sembra quasi un giocattolo di gomma o una caramella alla liquirizia… in realtà la piccola salamandra alpina (Salamandra atra) è uno dei gioielli più preziosi della nostra fauna di montagna. 
Come tutte le altre specie di anfibi, anche questa salamandra ha delle necessità ecologiche ben definite che ne limitano la distribuzione sull'arco alpino. Non si trova dappertutto, ma localmente può essere anche molto abbondante. Ghiaioni o sfasciumi di rocce, umidità, stillicidio e temperature fresche, sempre in ambienti montani e lontani dalla copertura arborea: questi gli ingredienti per la presenza di questo animale.

Durante la mia recente missione nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, in Veneto, durante un pomeriggio piovoso e molto umido, poco adatto a fotografare paesaggi, sono stato accompagnato dagli amici Bruno Boz (con famiglia) e Giacomo De Donà per cercare di incontrare o, meglio, per dare un appuntamento a questo animale meraviglioso. Abbiamo risalito una valle promettente, camminando parecchio di più di quanto previsto. Ben presto, tra maglia e schienale dello zaino, eravamo un bagno di sudore. Nonostante il desiderio di trovarla fosse grande, iniziavamo a chiederci se ne valesse la pena. Il sentiero stretto si snodava nel bosco con continui saliscendi e curve. Non sembrava avere fine: era come camminare sulla pelle di un serpente. La pioggia aveva gonfiato il fiume e invitato allo scoperto le salamandre pezzate, cugine pagliaccio della piccola atra. L'abbondanza di queste ultime una sorpresa per un "appenninico" come me. Dalle mie parti, rari incontri con le salamandre fanno ahimè sempre più notizia...

Arrivati nella zona in cui concentrare le ricerche, ci siamo sparpagliati sul versante più umido e fresco. Dopo una ventina di minuti di vane ricerche, il morale era già sceso e iniziavo a sentire tutta la stanchezza dei giorni precedenti. Più per puntiglio che altro, abbiamo deciso di proseguire ancora lungo il sentiero per qualche centinaio di metri.

Ecco che Giacomo, insieme al piccolo e attentissimo Matteo Boz, ci fanno cenno di raggiungerli: ne avevano trovata una! Montiamo le attrezzature per scattare qualche immagine mentre il cielo promette un altro scroscio di pioggia. Io provo a controllare più avanti ancora e, sotto una felce, belle in mostra ne trovo altre due. Iniziamo a guardarci intorno e ne contiamo a decine. Immobili o attive, sopra una pietra o nascoste dalla vegetazione. Una vera festa anfibia!

Difficile esporre per questi animali nero-inchiostro sulle rocce riflettenti. Provo di tutto: grandangolare spinto e macro. Alla fine, la foto che mi convince di più è questa: l'animale nel suo contesto di rocce e acqua. Elegantissimo. 

Nel frattempo le nuvole si sono spostate e il temporale si allontana. L'aria si fa più fresca e inizia a soffiare il vento. Le rocce si stanno asciugando e, come per magia, dove prima erano decine di salamandre, ora se ne contano giusto un paio. 
Questa è la vera magia della natura, quando concede i propri doni. E io sono felice di quel pomeriggio, perché l’Altro Versante non è solo un viaggio tra paesaggi mozzafiato e luci incredibili, ma anche un omaggio al piacere della ricerca e all'emozione della scoperta.