Maurizio Biancarelli- Immagine raccontata-Un insetto e la faggeta vetusta





ll grande tronco spezzato è lì, svettante nella radura da chissà quanto tempo. In fase di deperimento, marcio, la spessa corteccia ridotta a brandelli e pieno di fori grandi e piccoli, non è più alto di tre o quattro metri. La parte superiore di quello che un tempo doveva essere un faggio colossale è crollata e giace al suo fianco. 
La luce ora penetra senza ostacoli in questo angolo di foresta, non c’è più la grande chioma ombrosa a trattenerla e decine di minuscole piantine hanno iniziato una lotta silenziosa e senza quartiere per garantirsi un posto al sole e crescere. Alla fine solo una ce la farà, dominerà sulle altre e distenderà un ombrello di verdi foglie, richiudendo il vuoto della radura, che tornerà fresca e buia. 
Intanto fa un caldo piacevole in questa mattina di luglio, mi avvicino lentamente, scrutando senza troppe speranze, quando con grande sorpresa la vedo: una Rosalia alpina sta scendendo velocemente  il grande tronco, è bellissima nella sua livrea azzurrina ed è la prima volta che la incontro, una vera emozione. 
Avevo già visitato, senza successo, altre ceppaie in questo angolo di faggeta vetusta, una di quelle poche rimaste dove gli alberi sono lasciati liberi di completare il proprio ciclo vitale. Qui una grande abbondanza di legno morto, marcescente, garantisce la possibilità di vita ad uno degli insetti che meglio indicano lo stato di naturalità di una foresta, la Rosalia alpina appunto.
La gestione economica del bosco, l’eliminazione del legno morto, una risorsa alimentare  fondamentale per la foresta, hanno reso raro questo coleottero che non trova più condizioni adatte al suo sviluppo.
Quando mi sposto nell’altro lato del grande tronco rimango stupito: sono almeno otto gli insetti presenti, un andirivieni di maschi in cerca di femmine, di accoppiamenti, di lotte. Un mondo in silenzioso, frenetico tumulto che contrasta con l’oziosa quiete circostante. 
Ci sono anche femmine fecondate che stanno deponendo le uova e si spostano, con lenta determinazione, lungo il tronco in cerca degli anfratti più idonei per deporre il loro prezioso fardello.
Da quelle uova nasceranno le larve che se ne staranno per due o tre anni all’interno del legno morto nutrendosene, completeranno il loro sviluppo e solo allora, all’inizio dell’estate, usciranno all’aperto da un foro che loro stesse hanno scavato.
Il tempo scorre mentre, tra mille contorsioni e con la schiena e il collo doloranti, cerco di inquadrare gli insetti che, nelle loro faccende affaccendati, non collaborano e si spostano di continuo, costringendomi a vere e proprie acrobazie. Da parte mia cerco di essere discreto e mi mantengo a distanza di sicurezza, per non interferire con l’attività degli abitanti di questo affollato condominio.
Quando riemergo da questa immersione totale mi accorgo che sono le tre del pomeriggio. Ho saltato il pranzo e non me ne sono neanche accorto.